Brevi note sullo sword and sorcery

Oggi vi presento il guest post di un blogger molto attivo nell’ambito del genere sword and sorcery, un sottogenere del fantasy al quale appartiene il mio romanzo Il Cuore di Quetzal.  In questo post leggeremo delle origini storiche di questo genere e della sua evoluzione nel corso degli anni. Lascio quindi la parola a Francesco La Manno, curatore del blog Hyperborea e autore dell’e-book Il tempio di Premaliuk, che vi ho già presentato.

1. Cosa si intende per sword and sorcery

Non è agevole fornire una definizione esaustiva di sword and sorcery e delinearne il contenuto, dato che, a quasi cento anni dalla sua nascita, sono stati molteplici gli autori che si sono cimentati nella scrittura di opere di questo genere letterario, evidenziandone la natura proteiforme.
A tutta prima, e in maniera assai semplicistica, possiamo definire lo sword and sorcery come quel peculiare sottogenere di fantasy nel quale guerrieri armati di spada sono impegnati in entusiasmanti avventure in un mondo immaginario, o sulla Terra, dove la tecnologia e la scienza sono primitive, o non sono ancora state scoperte e in cui opera la magia (1).
Lyon Sprague de Camp ci dice che:

“Una storia di questo tipo unisce il colore del romanzo storico con le emozioni ataviche e sovrannaturali dei racconti di magia, dell’orrore e dell’occulto. Se è fatto bene, ci dà il maggior divertimento che qualsiasi tipo di narrativa ci possa dare. È narrativa d’evasione, dove si evade per qualche momento dal mondo reale e si entra in un mondo dove tutti gli uomini sono forti, tutte le donne sono bellissime, la vita è sempre avventurosa, ogni problema ha una soluzione sem-plice, e nessuno parla mai delle imposte sul reddito, del disadattamento o delle assicurazioni sociali.” (2)

Fritz Leiber ha coniato l’espressione sword and sorcery (letteralmente “spada e stregoneria”) in risposta alla richiesta di Michael Moorcock di definire le storie scritte da Robert E. Howard.
Le parole dell’Autore:

“Sono più certo che mai che questo campo dovrebbe essere chiamato storie di sword and sorcery. Questo termine descrive accuratamente i punti di livello culturale ed elemento sovrannaturali e inoltre lo distingue immediatamente dai romanzi di cappa-e-spada (avventure storiche) e (incidentalmente) anche dai romanzi di cappa-e-pugnale (spionaggio storico)” (3).

Karl Edward Wagner invece ha preferito chiamarlo epic fantasy:

“una sintesi affascinante di orrore, avventura, e immaginazione… il motivo comune è un universo in cui opera la magia e un individuo può uccidere secondo il suo codice personale.” (4)

Mentre le prime due definizioni possono essere accolte con alcune riserve, ritengo che questa ultima sia una nozione troppo semplicistica e non sia corretto accostare al genere letterario in argomento il termine di epic fantasy, poiché in tal modo verrebbe confuso con libri che non hanno nulla a che vedere con esso (come Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien).


Proviamo dunque a delineare i confini dello sword and sorcery, che debbono essere considerati elastici e per nulla esaustivi.

Volgendo lo sguardo all’ambientazione, le opere di spada e stregoneria si svolgono sulla Terra in un periodo preistorico, antico, medievale, o in un futuro remoto, oppure in un mondo immaginario, sconosciuto, esotico e pericoloso dove comunque la tecnologia e la scienza sono primitive.

I protagonisti delle vicende in parola non sono i classici eroi dotati di altruismo, idealismo, coraggio, nobiltà e forza d’animo che siamo abituati a conoscere nella letteratura classica. Ma sono barbari, ladri, pirati, delinquenti, mercenari, reietti della società e persone comuni che lottano cinicamente per il proprio interesse personale. Costoro spesso vivono di illegalità, si ribellano alle autorità locali, imponendo con la forza o con l’astuzia il loro dominio su terre selvagge o civiltà decadenti.

Un altro elemento caratteristico delle opere di sword and sorcery è la presenza del soprannaturale e di entità (o divinità) infernali evocate da stregoni, che suscitano orrore e repulsione nelle persone comuni. I maghi fanno uso dei sortilegi per compiere empietà e per contrastare gli antieroi protagonisti delle vicende.

Ma invero il soprannaturale non è accettato dalla popolazione. Al contrario viene ritenuto una mera superstizione, è appannaggio di pochi eletti e viene considerato un abominio. Difficilmente infatti nello sword and sorcery abbiamo a che fare con maghi buoni (come invece avviene Harry Potter).

Gli antieroi che prendono parte a queste vicende per affrontare le creature infernali, che gli si parano dinanzi, spesso sono costretti a fare affidamento solo sulla propria possanza fisica (Conan il Cimmero, Kull di Atlantide, Solomon Kane, Brak) o sulla propria astuzia (Fafhrd e il Gray Mouser, Jirel di Joiry), senza ricevere alcun aiuto soprannaturale o divino (5). Si pensi ad esempio che nella saga originale di Conan scritta da Robert E. Howard, Crom, il dio dei cimmeri, non scende mai dalle montagne per aiutare il nostro.

Altre volte invece i protagonisti sono proprio maghi votati al male e dotati di poteri occulti (Elric di Melniboné, i negromanti di Zothique, Kane, Malygris, Morgaine). Paradigmatico è il caso di Elric, legittimo sovrano dell’Impero Fulgido di Melnibonè, stregone del Caos, che lega per sempre il suo destino ad Arioch, una divinità infernale, avviandosi verso un triste destino.

2. Evoluzione storica dello sword and sorcery

Dopo aver chiarito a grandi linee cos’è lo sword and sorcery, è bene effettuare una breve ricognizione sui generi letterari che lo hanno maggiormente influenzato e sulla sua evoluzione storica.

Anzitutto gli scrittori di sword and sorcery si sono ispirati all’Odissea di Omero, a Le mille e una notte, ai romanzi storici di Walter Scott, alle fiabe dei fratelli Grimm, e comunque alla mitologia greca e a quella norrena.

I progenitori di questo genere letterario sono stati i racconti di cappa e spada scritti da Alexandre Dumas (I tre moschettieri, 1844), da Rafael Sabatini Scaramouche, 1921) e quelli degli autori delle riviste pulp come Talbot Mundy, Harold Lamb, e H. Bedford Jones (anche se erano tutti privi dell’elemento soprannaturale). Ma anche le opere di E. R. Eddison (The Worm Ouroboros, 1922), di Lord Dunsany e di H.P. Lovecraft (Miti di Cthulhu) hanno avuto grande importanza sul genere. Tuttavia lo sword and sorcery viene tradizionalmente considerato discendente diretto della saga di John Carter di Marte (1921) scritta da Edgar Rice Burroughs.

Negli anni 30 del secolo scorso, la comparsa di riviste come Weird Tales e Unknown Worlds ha consentito a molti autori di pubblicare opere straordinarie, che hanno reso celebre lo sword and sorcery in tutto il mondo. Tra essi ricordo Robert Ervin Howard con i cicli di Conan il cimmero, Kull di Atlantide e Solomon Kane; Clark Ashton Smith con le antologie di Zothique, Hyperborea, Averoigne e Poseidonis; C. L. Moore con le vicende della prima eroina del genere: Jirel di Joiry e Fritz Leiber con le avventure di Fafhrd e del Gray Mouser.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, tuttavia c’e’ stata una battuta d’arresto per lo sword and sorcery, poiché le riviste che ospitavano questi racconti cessarono le pubblicazioni. Ma dagli anni ‘60 agli anni ’80 del secolo scorso, il genere ha ricevuto nuova linfa vitale grazie a Lyon Sprague de Camp e a Lin Carter.

Entrambi sono considerati veri e propri paladini dello sword and sorcery in quanto si sono occupati di divulgarlo e difenderlo dagli attacchi dei detrattori per anni con antologie, saggi e articoli. Il loro grande merito (in particolare De Camp) è quello di avere svolto un’opera di revisione e di avere riportato alla luce i racconti della saga Conan scritti da Robert E. Howard, che altrimenti sarebbero rimasti nell’oblio per sempre.

Dal canto suo Lin Carter ha fondato in quegli anni lo Swordsmen and Sorcerers’ Guild of America (SAGA), un’associazione di scrittori dediti alla divulgazione di opere di sword and sorcery e inoltre, dal 1973-1981, ha pubblicato cinque antologie con la Ballantine Adult Fantasy.

 

Altre importanti antologie di sword and sorcery sono state pubblicate tra il 1977 e il 1979 da Andrew J. Offutt con il titolo di Swords Against Darkness (Zebra Books) e hanno visto partecipare autori del calibro di Poul Anderson, David Drake, Ramsey Campbell, Andre Norton e Manly Wade Wellman.
In questo periodo storico sono venute anche alla luce opere fondamentali come la saga di Kane, di Karl Edward Wagner; il ciclo di Elric di Melniboné, di Michael Moorcock; le Cronache di Ambra di Roger Zelazny e le storie di Imaro, di Charles Saunders.

Dagli anni ’80 in avanti, lo sword and sorcery ha nuovamente perso terreno, dato che il grande pubblico ha cominciato a prediligere l’high fantasy. Nonostante ciò alcuni autori hanno continuato a pubblicare opere di questo genere, ottenendo un grande successo. Tra essi spiccano David Gemmell con la saga dei Drenai, delle Sipstrassi, dei Rigante e quella sulla guerra di Troia; Harry Turtledove con i cicli di Videssos e Glenn Cook con The Black Company (mai tradotta in italiano).

Oggi purtroppo le pubblicazioni di sword and sorcery latitano e tra i pochi autori che continuano a scrivere libri di questo genere letterario vi sono Andrzej Sapkowski con la sua saga di The Witcher, Howard Andrew Jones con The Chronicles of Sword and Sand e Ahmed Saladin con Il Trono della Luna Crescente. Mentre l’opera di divulgazione viene svolta da siti e blog come Black Gate e Flashing Swords.

Note:

1. Lyon Sprague de Camp, Introduzione, in Conan!, Nord, 1976.
2. Ibidem.
3. Fritz Leiber, in Amra, luglio 1961.
4. Wagner, Karl. “Foreword.” Red Nails. Robert E. Howard. New York: Berkley. 1977.
5. Howard Andrew Jones, Defining Sword and Sorcery, in http://www.swordandsorcery.org/defining-sword-and-sorcery.asp


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6 Commenti

  1. Francesco La Manno

    Grazie!

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    1. Gianluca

      Grazie a te! Davvero un ottimo articolo!

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  2. Mala Spina

    Fa sempre piacere leggere qualcosa sullo Sword & Sorcery ^_^

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    1. Gianluca

      Assolutamente! Francesco è stato bravissimo a tratteggiare la storia e i protagonisti di questo genere un po’ snobbato nel Bel Paese.

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      1. Francesco La Manno

        Vi ringrazio, ragazzi.
        Per me è un piacere parlare di questo sottogenere letterario, purtroppo da anni negletto.

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  3. Pingback: Intervista di Pietro De Bonis a Francesco La Manno, autore del libro Il tempio di Premaliuk | oubliettemagazine

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